venerdì 31 ottobre 2008

Wall-E - Disney Pixar

Sono entrato al cinema ansioso di vedere cosa avesse combinato stavolta la Pixar e ne sono uscito assolutamente meravigliato. Posto qui, con gentile concessione del suo autore, una bellissima recensione a questo ennesimo capolavoro animato.

Popolarmente i film d’animazione vengono considerati come film per bambini, niente di particolarmente grave c’è anche chi al tempo considerava Hitchcock un regista di thriller tout-court., però può essere che la Pixar faccia cambiare idea a qualcuno, non è la prima volta che un film d’animazione sia più gradito al pubblico “adulto”, al cinema i bambini di 6-7 anni riescono a tenere l’attenzione per poco più di tre minuti, ci deve sempre essere una novità, un cambio di registro, di ritmo per tenerli vigili, Wall-E disattende queste aspettative, è un film che si prende i suoi tempi e i suoi ritmi. Wall-e è un robottino pulitore, ogni giorno si prende la sua valigetta “portaoggetti”, si reca al lavoro, che svolge molto diligentemente da 700 anni, e raccoglie (ricicla) oggetti dimenticati di un’umanità che vive tra le stelle. I primi 20 minuti ci presentano la vita “umana” del personaggio principale; Wall-e ha sentimenti e desideri umani, questo è un dato di fatto fin dall’inizio, nessuna spiegazione sull’evento eccezionale e il pubblico lo accetta volentieri anche perché è difficile non innamorarsi o commuoversi mentre lui trova tra i mucchi di rifiuti tutta una serie di semplici oggetti che mostrano un passato per noi ancora “presente”, dai cucchiaini e forchette di plastica, ai pesci canterini che si attaccano alle pareti sino alle lampadine che nelle mani di qualcuno sembrano magiche, e non dimentichiamo il vecchio vhs dove ogni sera guarda “Hello Dolly” sperando di trovare una mano da stringere, un contatto con qualcun(qualcosa) d’altro.E l’umanità dov’è? E’ in un’arca di Noè nello spazio stellato, non vive ma sopravvive, assuefatta da una tecnologia che ha monopolizzato completamente la sua esistenza, tutti gli individui sono grassi, mangiano senza gustare, vedono solo attraverso i loro moderni telefonini e non si accorgono neppure dove vivono, si vestono dei colori che la moda impone (anche se nessuno li crea),sono emotivamente l’esatto opposto di Wall-e.
Wall-e è un film sulla visione (e la comunicazione), Wall-e osserva ed è curioso di ciò che lo circonda, la razza umana ritrova se stessa solo nel momento in cui viene distratta da immagini preconfezionate, basta solo uno sguardo alle stelle o uno sfiorarsi di mano per scoprire un mondo bellissimo fuori dagli schemi, Eva scopre il puro amore di Wall-e vedendo una proiezione che aveva solo registrato nella sua mente ma non aveva vissuto. Il primo messaggio di Wall-e, prima ancora di quello ecologico, è un insegnamento ad imparare a guardare; l’oggetto che si osserva ci offre molto più di quanto immaginiamo, ma ci parla di una visione pura ed attiva, di un’azione da “vivere” e non “patire”. Per il resto abbiamo una serie di citazioni mai casuali benì perfettamente inserite nel tessuto narrativo, da “Corto circuito” (difficile pensare che Wall-e non sia stato ispirato da numero 5) a 2001 (Hal 9000 e non solo) per arrivare sino a “Giù la testa” (quando wall-e viene sollevato dagli altri robot come eroe, involontario ed inconsapevole, della rivoluzione). C’è ancora da dire che il lavoro grafico della Pixar è come al solito superlativo, ma questo già si sapeva, il bello è che queste immagini hanno da raccontarci più di quanto ci aspettassimo.
Paolo Iglina (Backstreet70)
Redattore dell'ottimo sito di critica cinematografica Kavus Club

domenica 19 ottobre 2008

Ehi, va di moda!

TUUUU.... TUTUUUUU... TUUUUU... TUTUUUUU...
Perchè diavolo non risponde?!?
TUUUU.... TUT.. BIP!

Linea drasticamente caduta.
E' da una settimana che provo a chiamarlo al cellulare, ma mica mi risponde. Anzi in realtà lui tenta di farlo, ma per accettare la chiamata non sa che cosa pigiare sul suo nuovissimo I-Phone appena giunto dall'america, che ti prepara pure il caffè se vuoi, resistente e longevo come un palloncino di cristallo.
Adesso non venitemi a dire che l'I-phone sia un bisogno primario che ci cambierà la vita come un normalissimo altro cellulare. L'I-xxxxx, qualsiasi xxxxx esso sia, è un'operazione commerciale azzeccatissima. Fa tendenza avere l'I-xxxxx, ce l'hanno tutti l'xxxxx. Ora ok che la Apple a livello di design e qualità ha standard elevati, ma per l'80% dei casi la gente compra perchè comprano gli altri.
Perchè va di 'moda'.

Odio sta frase, ma la odio sul serio.
Quest'anno va di 'moda' il viola... cazzo, è un colore che mi piace da sempre, l'avrei preso anche 5 anni fa se l'avessi trovato!!! No, bisogna indossare il viola solo quando tutti per strada vanno in giro conciati con scarponcini viola, berretti viola, piumoni viola, pantaloni viola. Tra due anni passerà di 'moda' e butteremo nel cesso un vestito usato solo un paio di volte. Complimenti, ottima scelta.
Capita di andare in certi spacci in cui per salvare dalle tarme capi abbandonati fanno sconti dell'80%. Ma roba indossabilissima e bella!
Eh ma sai... la gente nonostante il prezzo ormai basso non lo compra perchè è dell'anno scorso...
Eh mi pare giusto. Dobbiamo vestirci di marca, perchè fa 'moda', alta 'moda' anzi, e spendere milioni per roba usa e getta. Una giacca di Armani come un kleenex nel giro di due anni.
Ho preso un paio di Timberland da usare per il freddo e la neve, ma mi han detto che si indossano solo in primavera in discoteca, tenendo i pantaloni dentro.
Ah scusate, non lo sapevo.
In Sardegna quest'estate tutti i ragazzi portavano sotto il costume mutande con l'elastico enorme, dalle griffe stampate che si leggevano pure dalla corsica. Come quei tizi che andavano in giro a fare pubblicità con i cartelli addosso... nel nostro caso chiamati pisello-sandwich. Che poi anche la marca... non sempre è sinonimo di qualità. Tendenza semmai. Cioè 'moda'.
Siamo imprigionati nel penitenziario dell'uniformità. Tutto ciò che detta la televisione è la nostra legge. Tutto ciò che è anticonformista, NON COSTOSO, e non incanalato dal proforma è una merda. Tutti pettinati uguali, tutte truccate uguali, tutti vestiti con le stesse tonalità, tutti che comprano solo roba griffata.
E' così... ed è una tristezza sinceramente.

Ah questa voglio dirla poi... i tacchi a spillo da 12...
Mmmmm, mi pare di aver capito che vanno di 'moda' giusto? Mmmmmm, in effetti in tv tutte li portano, anche quelle già giganti di loro. Mmmmmm... BUM! Scarpe con tacchi vertiginosi ovunque.
Oh, se rimanessero nelle vetrine sarebbero anche belli da vedere, ma indossati da povere penitenti è uno strazio. Giri per le vie di Vicenza la Domenica pomeriggio e c'è chi cammina con le gambe a banana che sotto ci potresti passare con la 500, chi trascina i tacchi tenendo le braccia aperte per stare in equilibrio, chi si strizza le dita dei piedi e non sa manco a chi appoggiarsi.
E la schiena ringrazia.
Signorine, i tacchi bisogna saperli portare e un conto è se li indossano le supermodelle (supermagre, bella 'moda' anche quella tra l'altro...) un altro è fare la via crucis con le gambe come zampogne. Sono rarissime le donne che li indossano con naturalezza. Ne avrò contate due in una Domenica. Suvvia, occorre per forza il tacco 12? Per slanciarti un attimo basta anche meno.
Ci fosse maggior libertà, meno conformismo... se la gente si facesse un po' i cazzi propri e non giudicasse il monaco in base all'abito... sarebbe un Italia migliore. Ma si sa, la famiglia italiana fa fatica ad arrivare a fine mese, non può più permettersi la camicia D&G e il portatile della Apple.

sabato 11 ottobre 2008

London Calling

Voliamo in Inghilerra, anno 1979. I precursori del punk brittanico, la voce del proletariato giovanile, la rabbia contro l'autorità opprimente. THE CLASH rientrano da un tour negli USA, carichi di un seguito fedelissimo ma ancora abbastanza ristretto. Joe Strummer e i suoi tre compari pubblicano subito un doppio album che, oltre a portarli nell'olimpo, ha il merito di elevare il punk a livello mondiale, spingendolo a forza in tutte le case. Paradossalmente London Calling scatenò la rabbia dei fans più accaniti, a loro detta traditi da sonorità mai sperimentate in precedenza dal gruppo. Tracce di rockabilly, ska, reggae, mischiati (con splendore) al loro marchio di fabbrica. Ma le liriche restano sempre pregne della loro voglia di rivolta, della cultura punk della quale s'erano fatti portavoce.

La title-track in particolare, dal momento in cui è stata scritta, è e rimane il simbolo di questa cultura. Espressa con chitarre sfregiate dalle pennate dolenti di Jones e Strummer (strimpellatore), ossessionata da una ritmica pesante e marziale, cantata da Joe al solito modo, non stilisticamente perfetto ma carico di un'energia tale da invogliare a scendere in strada.
Ritrae un disegno disperato del periodo.
Vuole la rivolta, chiama gli ascoltatori a uscire dal loro stupore drogato per intraprendere la lotta, senza riferirsi per forza solo a Londra.
Ma non sono loro stessi i salvatori della patria... 'Non rivolgetevi a noi / la sciocca Beatlemania ha morso la polvere'
Chiedendo nella frase finale, distorta e piena di eco... 'After all this, won't you give me a smile?' / Dopo tutto questo, non vuoi rivolgermi un sorriso?

Questa era la rabbia giovanile di fine anni 70. L'attenzione politica e l'onestà ideologica di un gruppo che ha deviato la storia della musica (tenevano i biglietti dei loro concerti a costi bassi, nonostante le pressioni dei produttori). Questi erano i Clash. Questo era il PUNK. Questo era il compianto Joe Strummer, stroncato da un banale infarto all'età di 50 anni, quando ancora avrebbe avuto molto da dire.
Questa è l'adunata. Londra chiama. ' La guerra è decisa e inizia la battaglia.'


Londra chiama le città lontane
Ora la guerra è dichiarata e la battaglia sta per iniziare
Londra chiama l'oltretomba
Venite fuori dagli armadi ragazzi e ragazze
Londra chiama, ora non badate a noi
La falsa Beatlemania è finita a mordere la polvere
Londra chiama, vedete che non c'è niente di così "swinging"
Tranne che il roteare di quel manganello
L'era glaciale sta per arrivare, il sole sta zoomando
L'attesa fusione nucleare, il grano cresce male
I motori si arrestano, ma io non ho paura

Perchè Londra sta affondando ed io vivo vicino al fiume

Londra chiama alla zona di imitazione
Dimenticala, fratello, puoi andarci da solo
Londra chiama gli zombies della morte
Smettete di aspettare - e tirate un altro respiro
Londra chiama - e io non voglio gridare
Ma mentre parliamo ti ho visto che guardavi altrove
Londra chiama, vedete che non siamo drogati
Tranne quello con gli occhi gialli
L'era glaciale sta per arrivare, il sole sta zoomando
L'attesa fusione nucleare, il grano sta crescendo male

Un errore nucleare, ma io non ho paura
Perchè Londra sta affondando ed io vivo vicino al fiume

Londra chiama, sì, e c'ero anche io,
E sapete che hanno detto?
Beh, che in parte era vero!
Londra chiama al momento cruciale
E dopo tutto questo, non vuoi farmi un sorriso?
Non mi sono mai sentito così...


mercoledì 1 ottobre 2008

Walk on the wild side

Amo il ROCK nel senso più ampio del termine, in tutte le sue origini, tendenze e sfacettature. Il rock non è un genere musiale, ma un modo di fare musica, un potere che ha cambiato la storia del mondo. Passione, anima e corpo sottoforma di note musicali. E' Blues, Jazz, Soul, R&B, Rock&Roll, psichedelia, Country, Folk, Hard Rock, Metal, Grunge e tanto altro ancora. E' sia POPular che di non facile ascolto. E' poesia, cinema e letteratura. Moltissime sono le menti che hanno lasciato il proprio segno.
Grazie alla gente che ho incontrato strada facendo ho imparato ad apprezzare un sacco di musica. Qualcuno mi dava un consiglio o una dritta e ZAC!... nuovo mondo.
Ogni tanto posterò le mie canzoni preferite, quelle più significative perlomeno. Son sicuro che facciano parte, ognuna nel suo modo, della storia del rock.


Inizierei con un classico di LOU REED, l'eclettico cantautore newyorkese che nel 1972 incise questo pezzo nel suo primo album da solista, lo stratosferico Transformer. Prodotto da David Bowie e ispirato da Andy Warhol, il suo scopritore ai tempi degi Velvet Underground.
Reed descrive uno spaccato urbano trasgressivo della sua città. Quello dei transessuali, del prostituto attore, dello spacciatore strafatto. Tutta gente emarginata, realmente esistita, che frequentava la Factory di Warhol.
La famosissima linea di basso iniziale è in realtà una doppia traccia di contrabasso e chitarra, mentre il sax regala un tocco jazz al pezzo. L'atmosfera sussurra intima fino all'inedito coro, un invito a perdersi nella trasgressione 'on the wild side' assieme ai suoi bizzarri personaggi.
Interessante sapere che questa canzone è stata trasmessa per la prima volta dalla BBC, senza che i funzionari badassero alle allusioni sul sesso e droga presenti nel testo. Se ne accorsero troppo tardi... quando ormai era diventata un hit.

Holly viene da Miami
in autostop attraverso gli USA
sfoltendo le sue sopracciglia per strada
depilandosi le gambe lui diventò lei
Lei dice, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Lei disse, hei dolcezza
Fatti un giro nella zona selvaggia

Candy viene dall'isola
Nella camera sul retro lei era la ragazza di tutti
ma non ha mai perso la testa
neanche quando faceva pompini
Lei dice, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Disse, hei bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
e le ragazze di colore fanno do doo do doo..

Piccolo Joe non l'ha mai dato via a gratis
tutti devono pagare e pagare
Una botta qui e una botta là
NY city é il luogo dove dicono, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Ho detto, Hey Joe
Fatti un giro nella zona selvaggia

Sugar Plum Fairy é venuto e batte le strade
cercando cibo per l'anima e un posto dove mangiare
é andato da Apollo
avresti dovuto vederlo come ci dava dentro
Loro dicono, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Ho detto, Hey bambino
Fatti un giro nella zona selvaggia
Molto bene, huh